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ECONOMIA 2006
Un fisco più equo
di CLEMENTE MARIO PANSA
Dal programma elettorale di Prodi e della sua Banda Bassotti, al capitolo
«Un fisco più equo per la redistribuzione, la lotta all'evasione e la
riduzione del costo del lavoro» si legge che la politica della precedente
coalizione guidata da Berlusconi, ha lasciato “immutata la pressione
fiscale, ma ha rappresentato un fattore di aggravamento della crisi
economica poiché ha colpito i redditi più bassi…”.
Siamo tutti convinti e consapevoli che il professore è un Maestro (non v’è
diminutio nel termine…) nel raccontare le bugie agli Italiani. Il recente
caso Telecom ci ha fornito l’ennesima prova di questa sua eccelsa qualità.
A nessuno, certamente, è sfuggito l’emblematico caso Rovati, consigliere
politico ed economico del premier il quale, dopo aver elaborato un piano sul
riassetto di Telecom, lo ha sottoposto al suo - ormai ex - presidente
Tronchetti Provera.
É fuori discussione che un tale comportamento esuli da ogni regolarità e
correttezza. Un piano industriale riguardante una società privata, benché
erogatrice di un servizio pubblico, che esca da una sede istituzionale e su
carta intestata della Presidenza del Consiglio, costituisce una pericolosa
invasione di campo che rischia di sballare ogni regolare andamento dei
titoli quotati in borsa di quella società. Salvo che non fosse proprio
questa la “mission” di quella imbarazzante uscita…
E lui, il grand commis, vorrebbe farci credere che non sapeva nulla di tutta
la vicenda.
Tuonano ancora nelle nostre orecchie le sue parole “Ma siamo matti!”, quando
qualche giornalista gli chiedeva se non ritenesse necessario ed opportuno un
confronto con le forze rappresentate in Parlamento per i dovuti chiarimenti
in merito all’affaire Telecom.
Poi, però, sappiamo come è andata. Alla Camera ed al Senato il Nostro è
dovuto andarci per forza, se non altro per continuare, con una faccia tosta
che non ha termini di paragone, a mentire su ciò che “non sapeva”.
Solo quando si tratta degli oppositori vale la regola del “Non poteva non
sapere”.
Un dossier esce da Palazzo Chigi, come già detto, su carta intestata della
Presidenza del Consiglio ed il professore, assieme ai suoi accoliti, vuole
farci credere che tutto quel casino l’ha combinato, da solo, il suo
consigliere?
Quest’ultimo, infatti, si addossa ogni responsabilità per coprire il Capo e
dice di essere lui il solo colpevole. Una tale confessione discolpa Prodi da
una grave accusa di pericolosa ingerenza in affari privati, vale a dire, una
assoluzione del Premier dall’accusa di aggiotaggio.
Ma, nonostante tutto, il nostro scetticismo rimane e la saga delle bugie
continua.
Se facciamo un piccolo passo indietro nel tempo, scopriamo che, nel corso
della campagna elettorale, il Premier ha sostenuto che avrebbe re-introdotto
la tassa di successione. A chi gli chiedeva quale sarebbe stato il limite di
esenzione, egli rispondeva “molti milioni”. C’è dunque un impegno del
Governo a reintrodurre tale tassa. Lo stesso professore, in un’intervista
ebbe a dire “C'è un'intesa di tutta la coalizione nel dire che l'imposta
sarà applicata solo a fortune di parecchi milioni di euro” ed invece si
parla di cifre al di sopra dei 250 mila Euro.
Siamo, dunque, molto lontano dai “molti milioni” promessi dal marinaio-Prodi
(non si offendano i marinai), dai “grandi patrimoni” così come definiti a
pag. 204 del programma elettorale dell’Unione, dalle dichiarazioni del
senatore Treu che diceva “riguarderà i patrimoni più consistenti e con una
soglia tale che consentirà di esentare sia la prima casa di abitazione,
naturalmente a meno che non sia una reggia, sia le piccole imprese
familiari”.
Sa il senatore Treu quanto costa in una grande città un appartamento di
media grandezza (non una reggia) in una zona di periferia? Si informi e lo
tenga presente quando i suoi amici approveranno il provvedimento di legge. E
tenga anche presente che il suo Capo ha beneficiato egli stesso della iniqua
legge di Berlusconi quando, nel 2003, il 16 maggio, davanti ad un Notaio
(Oggetto: donazione in denaro di Euro 870.000,00 - Repertorio: 94916,
Fascicolo: 21915 - Imposte pagate: 0), ha ceduto ai suoi figli un patrimonio
consistente senza pagare un centesimo di tasse all’Erario.…
E che dire delle aliquote fiscali?
Per catturare il consenso degli elettori aveva promesso una riduzione delle
aliquote per i redditi più bassi, sostenendo che chi guadagnava di più
doveva concorrere maggiormente al pagamento delle imposte.
E
per non smentire una prassi ormai abitudinaria della sinistra che come
prerogativa ha quella di accusare gli altri delle cose che fa lei, ha messo
mani anche nei portafogli delle classi meno abbienti.
Non sono, queste, parole in libertà, ma deduzioni ricavate dalle norme
contenute nella Finanziaria 2007 che se dovesse essere così licenziata dal
Parlamento, state a vedere cosa succederà.
Se prendiamo, ad esempio, un lavoratore che guadagna poco più di 15 mila
Euro, egli si vedrà decurtare una somma maggiore dalle tasse rispetto a
quanto pagava prima con l’orco Berlusconi.
Un impiegato che guadagnava 26 mila Euro, pagava al Fisco 5.980 Euro, ora,
se passerà questa Finanziaria, ne pagherò 6.420, vale a dire il 7,36% in
più.
Se invece prendiamo in considerazione un reddito di 150 mila Euro, notiamo
che con la vecchia tassazione il percettore di questa rispettabile somma
versava al Fisco 55.890 Euro, mentre oggi, in base al principio “chi più ha
deve maggiormente contribuire”, gli vengono aumentate le tasse del 3,18%
cioè, in percentuale, il 43,21% in meno del lavoratore che guadagna 26 mila
Euro…
Ma non dovevano essere i percettori di redditi più alti a versare di più al
Fisco?
Un incremento delle tasse del 7,36% su poco (26 mila Euro) è tanto, mentre
un 3,18% su tanto (150 mila Euro) è poco!
Ma tutto ciò non sembra preoccupare, né tantomeno sconvolgere i sonni dei
ministri di questa coalizione, impegnati a litigare tra loro per altre
faccende, sicuramente più serie di quelle da cui sono presi gli italiani per
trovare una soluzione per arrivare a fine mese senza troppi danni e traumi
per le loro famiglie.
Non c’è molto da fare se non aspettare.
Pazientemente e fiduciosamente aspettare perché costoro sono sulla via del
suicidio politico.
La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce, diceva il grande filosofo
Jean Jacques Rousseau. E noi pur di raccogliere quel dolce frutto, di
pazienza ne avremo tanta, ma davvero tanta.
09/10/2006