|
LIBRI 2007
NOVITA'
Alessandro Lattanzio, Terrorismo sintetico, Edizioni all'insegna del
Veltro
Prefazione di Massimo Mazzucco
Il quinto anniversario degli attentati dell'11 settembre ha segnato un
chiaro spartiacque all'interno della vicenda che più di ogni altra sta
condizionando tutto ciò che avviene nel mondo da quel giorno.
Si è infatti conclusa, almeno a grandi linee, la tormentata fase
"investigativa", condotta in ogni angolo del globo dai cosiddetti
ricercatori dell'undici settembre: dozzine e dozzine di spassionati "detectives
in pantofole" - persone di ogni ceto, nazionalità e professione - seduti
instancabilmente davanti ai loro monitor, in perenne contatto fra di loro,
che sin dal primo giorno hanno analizzato, verificato e rivoltato come un
guanto ogni singolo aspetto della versione ufficiale dei fatti, fino a
metterne in luce una sostanziale incongruenza complessiva. A costoro si è
poi aggiunta, nel corso dell'ultimo anno, la preziosa collaborazione di un
gruppo di personaggi di indiscussa levatura professionale, scientifica e
morale (quali il teologo David Ray Griffin, o il cattedratico di Fisica
Steven Jones), che ha permesso di legittimare anche a livello di
informazione ufficiale i risultati della ricerca svolta in precedenza.
Nessuno di noi saprà mai con precisione che cosa è successo quel giorno, ma
almeno oggi possiamo stabilire, con relativa certezza, che cosa non è
successo: nessun Boeing 757 ha mai colpito il Pentagono, nessun Boeing 757 è
mai stato abbattuto dagli "eroici passeggeri" in un campo della
Pennsylvania, e le Torri Gemelle non sono affatto crollate da sole, come ci
è stato detto, a causa dei soli impatti degli aerei e degli incendi che ne
sono conseguiti.
In altre parole, la versione ufficiale pare essere una mastodontica
finzione, costruita per coprire un autoattentato nel quale le autorità
americane avrebbero avuto, nella migliore delle ipotesi, una complicità solo
parziale.
Per quanto a prima vista inaccettabile - chi di noi non ha pensato, almeno
una volta, che “gli americani non si farebbero mai una cosa del genere da
soli”? - questa conclusione è ormai suffragata da una lista di indizi
impietosamente lunga e dettagliata, la qual cosa conferma che il vero
“problema undici settembre” è di carattere psicologico.
È la nostra ingordigia - di benessere, di petrolio, di potere e di felicità
artificiale - a creare i presupposti per un nemico che ci autorizzi ad
andarci a prendere ciò che ci serve per appagarla, senza per questo dover
riconoscere che stiamo derubando il legittimo proprietario.
Lapsus freudiano o calcolo che fosse, non si può infatti dimenticare la
frase pronunciata da Bush all'alba dell'invasione dell'Afghanistan: “The
American standard of life is not in discussion”. Lo standard di vita
americano non è in discussione.
Ma accettare l'ipotesi dell'autoattentato significa anche accettare che il
nemico non è più “là fuori” - feroce e spietato finché vuoi, ma sempre
riconoscibile e ben identificabile - ma è dentro di noi. È fra di noi, è
fatto come noi, e agisce contro di noi. È questo baratro di insicurezza,
umanissimo e comprensibilissimo, che spesso ci impedisce di guardare con
lucidità ad una serie di elementi che in altre situazioni basterebbero per
mandare all'ergastolo sette generazioni di criminali.
Ecco quindi, anche, la radice di quel testardo meccanismo di diniego, che
porta persone di provata intelligenza ad apparire come dei poveri
mentecatti, incapaci di riconoscere ciò che a mente sgombra dovrebbe
risultare ovvio per chiunque.
Significativa, in questo senso, è stata la testimonianza di David Ray
Griffin al recente Convegno Internazionale di Bologna sull'undici settembre:
“Io sono arrivato tardi sulla scena - ha raccontato lo studioso americano -
Inizialmente un amico mi sottopose queste ‘teorie alternative’, ma dopo una
rapida occhiata le respinsi come assolutamente inaccettabili. Solo dopo che
mi furono sottoposte di nuovo, e con una certa insistenza, cominciai a
vedervi qualcosa di sensato. A quel punto, in soli due giorni recuperai
tutto il terreno perduto, e di colpo vidi chiara l'immagine di quello che
era davvero successo quel giorno”.
Come dicevamo, una volta superato l'ostacolo psicologico, una volta
accettata la mera possibilità che un crimine del genere sia opera di “gente
come noi”, la montagna di indizi contro la versione ufficiale si rivela
semplicemente disarmante.
Se quindi il lettore si trovasse a provare un rifiuto istintivo,
“categorico”, per la materia qui trattata, si conceda almeno la possibilità
di una seconda valutazione dei fatti, da effettuare quando si sentirà magari
più disposto ad accettarne anche le pesantissime implicazioni.
Non è stato facile per nessuno, credetelo.
Massimo Mazzucco
Los Angeles, 11 settembre 2006
07/03/2007